Il saggio intende mettere a fuoco il concetto di empirismo kantiano intendendolo come mediazione di finito e infinito. Si analizzano, pertanto, le affinità di Kant con la fenomenologia analitica di Lambert e le giovanili critiche hegeliane alla filosofia kantiana per poi occuparsi dell’illusione e della menzogna. Esse vengono interpretare come due figure differenziate dell’empirismo kantiano: con la prima si mettono al centro gli studi antropologici e il tema dell’integrazione sociale; con la seconda si affronta il problema della disgregazione sociale, la sua condanna morale e in ultimo, ma non da ultimo, la capacità di mettere in relazione il mondo sensibile con il principio intelligibile della libertà, tramite la nozione di origine lockiana del “biasimo”.