Luca Zambelli, Annalisa Murgia, Maurizio Teli
Lavorare nelle industrie culturali e creative spesso significa essere coinvolti nelle contraddizioni alla base del free work, che si configura come una significativa caratteristica del lavoro contemporaneo. In questo articolo sono presentati i principali risultati di una ricerca svolta nel mondo dell’editoria. A partire da un approccio qualitativo, che ha combinato metodi tradizionali e digitali della ricerca sociale, è stata analizzata una rete auto-organizzata di lavoratori e lavoratrici della conoscenza, la Rete dei Redattori Precari. Sono state in particolare considerate tre dinamiche che sottendono l’esperienza lavorativa dei soggetto coinvolti nella Rete: l’istituzionalizzazione dello stage come punto di ingresso al lavoro, l’uso di un doppio registro formale-informale per gestire sia il lavoro che le relazioni personali, e i diversi modi in cui in questo settore le passioni sono messe a valore. Viene infine presentato un evento di protesta organizzato dalla Rete, in cui il surplus di creatività è stato trasformato in conflitto sociale. Nel caso empirico, si mostra come l’utilizzo delle tecnologie digitali è uno dei modi attraverso cui la resistenza alla precarietà può essere collettivamente costruita.