Le più recenti indagini sul funzionamento del cervello umano, laddove illustrano correlazioni tra disfunzioni orbitofrontali e condotte aggressive, sembrano offrire nuova linfa alle teorie sulla base biologica del comportamento criminale. Addirittura, secondo le letture più radicali degli esperimenti neuroscientifici, la condotta di tutti gli individui, inclusi quelli immuni da anomalie cerebrali, sarebbe inconsciamente determinata dal combinato disposto di geni e stimoli ambientali, senza spazio alcuno per scelte autonome e coscienti. La proposta neuroscientifica più intransigente suggerisce di conseguenza di rivoluzionare gli attuali modelli di responsabilità penale, considerati empiricamente insostenibili in quanto imperniati su postulati indeterministici. Il presente lavoro, dopo aver illustrato le repliche di impronta conservativa della dottrina penalistica, prospetta le basi per un possibile approccio sincretistico.