Milán, Italia
Applications for international protection by women fleeing gender-based violence are mostly traced back to persecution for ‘membership of a particular social group’. This persecution ground is, however, caged in rigid criteria that lend themselves to arbitrary interpretations, which the Court of Justice in its WS judgment (C-621/21) has in fact ended up confirming. However, at the same time, by qualifying the Istanbul Convention as an interpretative instrument of the common European policy on asylum and subsidiary protection, the Court has imposed a more gendersensitive reading of the European Union's rules, which should lead to a better identification of the situations in which migrant women victims of violence must find protection
L’esame delle richieste di protezione internazionale presentate da donne che fuggono da violenze fondate sul genere sono perlopiù ricondotte alle persecuzioni per “appartenenza a un determinato gruppo sociale”. Questo motivo di persecuzione è però ingabbiato in criteri rigidi, che si prestano a interpretazioni arbitrarie, che la Corte di giustizia nella sentenza WS (C-621/21) ha di fatto finito per confermare.
Tuttavia, al contempo, qualificando la Convenzione di Istanbul come strumento interpretativo della politica comune europea in materia di asilo e di protezione sussidiaria, la Corte ha imposto una lettura della disciplina dell’Unione europea più attenta alle questioni di genere, che dovrebbe portare a una migliore tipizzazione delle situazioni in cui le donne migranti vittime di violenza debbono trovare protezione