Nell'immagine storiografica diffusa, l'economia settecentesca si presenta come una macchina che produce sviluppo e, al tempo stesso, dominazione e emarginazione. Ai suoi vertici si collocherebbero potenze superiori sotto il profilo della capacità produttiva, mercantile e politico-militare; all'altra estremità, residuerebbero spazi secondari, praticabili da soggetti privi di ambizioni, relegati dentro circuiti locali in grado di affacciarsi a quelli più ampi solo in un nesso di subordinazione, o collocandosi sul crinale fra lecito e illecito. Accogliendo suggestioni presenti in studi recenti, l'a. prova a sfumare e complicare questa immagine, sottolineando come una parte significativa dell'espansione commerciale mediterranea settecentesca veda come protagonisti soggetti, luoghi e pratiche spesso privi di capitali rilevanti, saperi codificati e protezioni statali robuste. Il nuovo protagonismo dei "Genovesi" al centro di questo contributo non si pone in continuità con la gloriosa storia del commercio e della finanza genovesi fra tardo medioevo e prima età moderna. Essi sono in realtà micro-mercanti provenienti non dalla Dominante, ma da alcuni borghi costieri liguri. Non restano tuttavia figure marginali: riescono invece a fuoriuscire dall'andirivieni del piccolo cabotaggio e a diventare protagonisti di una parte significativa del commercio in grande, inventando modi di fare mercato, strumenti inediti per acquisire informazione e fiducia. Alla base della loro vitalità vi è un anche rapporto forte e mai interrotto con i villaggi natali: minuscoli centri costieri, debolissimi sotto il profilo demografico, istituzionale, commerciale e finanziario, ma al tempo stesso custodi di un capitale relazionale importante, di funzioni mercantili decisive per il loro successo imprenditoriale. Tratteggiando biografie individuali e di gruppo, il saggio suggerisce l'immagine di un Mediterraneo settecentesco affollato di attori, pratiche e luoghi non sempre canonici. Ignorandoli e concentrandosi esclusivamente sulle grandi imprese mercantili, sulle grandi "nazioni" protette da mercantilismi prepotenti, si rischierebbe di non comprendere il funzionamento di questo mercato in una fase decisiva della sua trasformazione.