L’analisi della riforma italiana in materia di part-time (d. lgs. 61/2000) viene inizialmente inquadrata entro un contesto di riferimento più generale, volto a valutare gli effetti quantitativi e qualitativi del lavoro a tempo parziale sull’occupazione in ambito europeo. Segue una analisi della direttiva comunitaria (97/81/CE), della quale viene evidenziata una chiara volontà incentivante, riferita però esclusivamente al part-time definito volontario. Si ricava da quanto precede che, al di là di interpretazioni pregiudizialmente favorevoli o contrarie, la valutazione della riforma debba essere condotta attraverso una griglia interpretativa che miri a verificare se e in che termini la nuova disciplina possa contribuire a realizzare una gestione flessibile e individualizzata dei tempi di lavoro; flessibile dal lato della domanda e individualizzata dal lato dell’offerta. In questa prospettiva vengono in particolare esaminate le disposizioni relative al lavoro supplementare e alle clausole elastiche. Entrambe rivelano elementi di disciplina tali da consentire un utilizzo certamente più flessibile della tipologia negoziale in questione, attraverso una originale combinazione tra legge, autonomia collettiva e autonomia individuale