Il saggio affronta il tema del lavoro prestato in cooperativa dal socio lavoratore, analizzando la L. n. 142/2001, che rifiuta l’impostazione classica tesa a negare vita autonoma ad un eventuale rapporto di lavoro rispetto a quello societario per accogliere, invece, la tesi del contratto ulteriore e così riconoscere che lo scopo mutualistico è raggiungibile tramite l’instaurazione di rapporti di lavoro a varia configurazione tra la società e i soci. L’A. ritiene che il legislatore abbia offerto al mondo della cooperazione l’opportunità di ricorrere a discipline più agili e più efficienti di quelle del passato (calibrate esclusivamente sul modello della subordinazione) nella relazione con i soci di lavoro. Sempre a giudizio dell’A., inoltre, la L. n. 142/2001 non innova le categorie qualificatorie del lavoro, ma incide, da una parte, sugli effetti del contratto di lavoro autonomo perché stabilisce che la remunerazione sia calibrata sui criteri previsti dall’art. 36 Cost., estendendone l’applicabilità oltre i confini del lavoro subordinato e, dall’altra, sul processo ricostruttivo della nozione di subordinazione perché la presenza nell’impresa del prestatore socio di lavoro si sostanzia nella condivisione del rischio dell’attività imprenditoriale